Anselm Stalder

Anselm Stalder

Installazioni

5 marzo – 23 maggio 1995

Il Centro d’Arte Contemporanea di Bellinzona presenta dal 5 marzo 1995 l’opera dell’artista svizzero ANSELM STALDER.

Per molto tempo considerato a torto dalla critica un esponente del neo­espressionismo di cultura tedesca, e pur tuttavia attingendo all’immagine descrittiva ruotante attorno alla figura umana, l’artista riaffronta in ogni suo nuovo lavoro le profonde tematiche dell’esistenza attraverso uno stile e mezzi, che si fanno sempre più concettuali, così come sempre più complessa diventa la loro lettura.

Stalder sintetizza, dalle prime mostre ad oggi, la sua visione dell’essere per mezzo di un’attenta analisi dello spazio, in cui si trova ad operare, come se i suoi personaggi – al di là di una loro descrizione ed identità – potessero esistere solo se collocati ed inseriti in un particolare tessuto, proprio al luogo, alla sua storia e alla sua cultura.

Per Stalder la sua opera non è oggetto che vibra, non è il risultato di un pensiero, ma bensì la proiezione di sé e della sua arte, che inizia a profilarsi e ad assumere significati dopo la realizzazione del progetto stesso.

Il suo lavoro, sia esso pittorico, plastico, disegnato o installato, non riflette una tematica comune e riconosciuta, scontata; Stalder attribuisce una dimensione immaginaria al suo “fare arte”, in qualche modo “romantica”, spingendo lo spettatore attraverso un viaggio esplorativo, che lo porta all’autoanalisi, all’autodeterminazione e alla ridefinizione di se stesso.

Si potrebbe affermare, che l’arte di Stalder non consiste nella tangibilità dei suoi oggetti, ma esiste unicamente e solo nell’interazione del fruitore con essa. Tale interazione ci spinge ad una lettura diversificata dei nostri valori.

Il concetto espositivo pensato da Stalder per gli spazi del Centro d’Arte Contemporanea si articola attorno a due “figure”.

La “Figur”, nella sua accezione semantica, rappresenta nell’ambito della cultura tedesca il personaggio, il nostro essere “umani”, non solo come fatto descrittivo, ma anche e soprattutto come fatto esistenziale. Alle due figure, infatti, Stalder attribuisce un valore centrifugo e rispettivamente centripeto, ed esse costituiscono l’asse portante di questa mostra, la quale sviluppa il tema della comunicazione attraverso un rapporto continuo di domanda e risposta dello spettatore con l’opera.

Disposte in due dei 4 spazi del Centro, una di esse – quella centrifuga – è una struttura di metallo portante una quindicina di proiettori, i quali diffondono sui muri, ad intervalli regolari, altrettante immagini. L’artista fa uso di diapositive da lui stesso disegnate e ritoccate a partire da riproduzioni di fatti di cronaca; non proietta quindi immagini fotografiche di recupero, ma, con il suo intervento, attribuisce un valore soggettivo alle immagini stesse proiettate; quindi anche alla “figura”, la quale interpreta il nostro processo di assimilazione e riproduzione della conoscenza, o quantomeno di ciò, con cui siamo soliti interagire quotidianamente.

Come un qualsiasi oggetto inizia la sua esistenza qualora sottoposto ad un sistema di scambio con un possibile fruitore, così pure la figura centrifuga di Stalder, in senso globale, si manifesta sotto lo sguardo del pubblico, irradiando immagini quotidiane fatte proprie, assimilate e raccontate, interpretandone l’importanza.

Alla prima, Stalder contrappone una figura da lui definita centripeta, un’altra installazione costituita da 4 lastre di vetro appese al soffitto, su ognuna delle quali è visibile in modo stilizzato la sagoma di un corpo con perforazioni o “lacerazioni” nella zona degli occhi, cuore e sesso. Da questi 3 sensi viene infatti percepito dalla natura umana ogni tipo di informazione e conoscenza esterne. Tali sagome, eseguite concettualmente e quindi prive di qualsiasi elemento espressivo, assumono un movimento centripeto, in quanto unicamente attraverso l’interazione con un pubblico esterno esse si “riempiono” e testimoniano.

In altri momenti, l’artista sfrutta poi la conformazione dello spazio, riproponendo in modo più ridotto il concetto della “Finestra Muta” e “Pezzi di Cielo”, grande opera eseguita su commissione per la Società di Banca Svizzera e visibile nella nuova sede dell’istituto a Basilea, concepito e progettato dallo studio d’architettura Diener & Diener.

Servendosi della luce delle tre finestre del Centro, Stalder esegue con l’uso di speciali vetri altrettante finestre immaginarie di uguali dimensioni – chiamate appunto “mute” – contrapposte alle reali ed appese di fronte ad esse alle pareti. Esse non esistono, se non come segno, non si possono aprire, ma creano nuovamente un percorso e rapporto di dialogo; le “Finestre Mute” conversano fra loro, come se l’una fosse il surrogato dell’altra, alludono all’esplorazione e alla possibilità – forse illusoria – di una verità oltre il tangibile e il conosciuto.

Dove

CACT Centro d’Arte Contemporanea Ticino

Via Tamaro 3, Bellinzona.

Orari

Venerdì, sabato, domenica

14:00 – 18:00

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