Franco Vaccari

Franco Vaccari

Cabinets: Katia Bassanini, Sandro Grandinetti, Ingeborg Lüscher, Mario Nigro, Andro Wekua

31 luglio – 19 settembre 2004

Gli spunti tematici sono diversi e in qualche modo incrociati, partendo dall’artista italiano Franco Vaccari (1936).

Già autore al CACT nel 1997 della 23. Esposizione in tempo reale e presente lo scorso anno al Festival Internazionale del Film di Locarno con una retrospettiva di sue opere video (1966-2001), Franco Vaccari è il fulcro di questa esposizione, proprio perché rappresenta la Storia attraverso le sue personali tracce e il suo vissuto, rendendola contemporaneamente attua(bi)le, vivibile e universale, e definendo così una lettura evolutiva del passato nel presente.

Di Vaccari il CACT presenta una selezione di opere video recenti.

Con il video PROVVISTA DI RICORDI PER IL TEMPO DELL’ALZHEIMER (2003) egli ricrea quasi un’ambientazione con oggetti che evidenzia nuovamente un interessante rapporto tra reperto storico e attuazione del vissuto. Egli non inventa un copione, perché il copione – per un artista puro nei contenuti e nelle forme come lui – è la vita stessa, senza che l’autore abbia mai voluto manipolare e/o contaminare la Storia.

“È là che vivono: non qui e adesso, ma là dove tutto è successo un tempo” (Philip Larkin) è la frase iniziale del video-film, che ripercorre e ricostruisce, attraverso reperti fotografici fissati da una videocamera o la ripresa di filmati girati in famiglia, la biografia personale dell’artista, che è così parte della Storia, ma contemporaneamente anche attore presente.

Lo stile di Vaccari non è mai formalmente o stilisticamente studiato, elaborato. La sua arte non è una professione, bensì una missione, superando il mezzo ch’egli utilizza, mai soccombendo ad esso.

 

Parallelamente in due sale del CACTicino sono visibili due “cabinets”, all’interno dei quali si ribadisce l’importante rapporto tra Passato e Presente e in cui si sviluppano altre due tematiche; “la mise en scène” e il “paesaggio”.

Katia Bassanini (1969) propone il video titolato SURVEILLANCE CAMERA (2004), realizzato quasi esso fosse uno spezzone filmato da una telecamera di sorveglianza. L’artista di New York ricrea volutamente con questo stile una “mise en scène”, in cui i tre personaggi mascherati rappresentati riflettono i rapporti di potere all’interno di una società contemporanea del controllo, evidenziando il sempre più difficile rapporto tra realtà e finzione.

Altresì, Sandro Grandinetti (1970) propone una serie di scatti fotografici dal titolo SIMPSON (2003), in cui il gadget in plastica che dà il nome alla serie di fumetti viene collocato e documentato all’interno di una povera quanto improbabile maquette architettonica. La precarietà, l’uso del bianco e nero rimettono in discussione – come in Bassanini – il potere del nostro sguardo libero sull’ingombrante mole iconografica e visiva propostaci dalla società e dai mezzi di comunicazione, sempre più sottomessi al potere politico e a una logica di mercato e del consenso. Simpson si rivolge ai bambini, ma – come altri fumetti – è fondamentalmente riconducibile al vissuto degli adulti.

Il tema del paesaggio e della sua ricostruzione è affrontato dall’artista georgiano russo Andro Wekua (1977). Con il disegno figurativo dai tratti pittorici tradizionali, Wekua ricostruisce la sua storia, gli anni dell’infanzia trascorsa nella Georgia russa, ridisegnando – a partire dalla memoria e dall’onirico – i suoi ricordi, quelli di una generazione povera, ma già contaminata dal Graffiti e dal Fumetto, componenti queste della cultura giovanile contemporanea. Vi è nell’universo di Wekua un triste romanticismo, un ricordo rappresentato da un vitale bisogno di ricostruire il suo paesaggio interiore e nostalgico.

Paesaggio di tutt’altro stile è quello astratto dell’artista storico Mario Nigro (1917-1992). L’opera in mostra risale al 1987 e fa parte della serie ORIZZONTI. Una linea orizzontale composta da tanti piccoli, micro universi; il rapporto tra la grandezza spirituale del mondo interiore, dei sogni spirituali ed universali e il limite umano che si definisce in un orizzonte, in una successione di piccoli punti. Ecco che l’apparente astrattismo di Nigro racchiude un illimitato universo di simboli legati al viaggio e al rapporto spazio-tempo, alla storia originale dell’uomo.

“Voglio vedere le mie montagne” è l’ultima frase pronunciata da Giovanni Segantini, che diviene qui il titolo di un’opera fotografica di Ingeborg Lüscher (1936).

L’autrice (rac)chiude, infatti, in una forma circolare le tematiche di questa mostra, attingendo dalla Storia per ripartire dal presente e ricollegando in maniera altamente creativa il tema del paesaggio con quello più cerebrale della mise en scène.

Le 7 fotografie in bianco e nero sono la documentazione delle onde del mare che si fermano sulla spiaggia, portando con loro detriti di ogni genere, soprattutto i resti di un fuoco. Ecco che Lüscher immortala questa immagine, che diviene la visione di una montagna immaginaria, dove il rapporto “totale” con il mondo circostante è rappresentato dalla terra, dall’acqua e dal fuoco.

Lüscher chiude il concetto di mostra, fondendo paesaggio, mise en scène, realtà e finzione e partendo – essa stessa artista storica – dalla Storia per ricongiungerci al presente.

La mostra è visibile per il pubblico venerdì, sabato e domenica dalle ore 14.00 alle ore 18.00 e rimane aperta fino a domenica 19 settembre 2004.

Ph Thomas Banfi © MACT/CACT.

Dove

MACT/CACT

Arte Contemporanea Ticino

Via Tamaro 3, Bellinzona.

Orari

Venerdì, sabato, domenica

14:00 – 18:00

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