HEART

HEART

Anna Margrit Annen / Anonimo del XIX secolo / Carlo Buzzi / Andrea Cometta / Martin Disler / Mauro Ghiglione / Alex Hanimann / Christian Jankowski / Stefano Jermini / L-B / Ingeborg Lüscher / Olivier Mosset / Shahryar Nashat / Ugo Rondinone / Vanessa & Sibilla

10 settembre – 5 novembre 2000

La smaterializzazione dell’immagine per così dire oggettiva e la sua ricostruzione in tono più astratto e soggettivo, è uno dei fenomeni che hanno portato alla produzione artistica contemporanea. A questo processo si aggiungono altri movimenti che hanno in seguito attinto alle nuove tecniche di produzione, non da ultime quelle elettroniche. Il fenomeno irreversibile di tale dematerializzazione della forma e dei suoi contenuti ha portato l’artista sulla via della multimedialità, correndo parallelamente sul filo di un’esplosione degli stili.

Ognuno degli artisti in mostra rappresenta un particolare modo di abbordare l’immagine ed il suo concetto; dalla pittura alla scrittura, dal video alla fotografia, dall’arte documentaria all’installazione.

La grande installazione video di Christian Jankowski (1968) – protagonista indiscusso della Biennale di Venezia 1999 – dal titolo “Zöllner singen” (1999) è stata realizzata espressamente per il CACTicino e presentata all’edizione della Art Fair Basel ‘99. Essa è un’intelligente riflessione sulle ancora esistenti etnie culturali difficilmente globalizzabili, ancorché globalizzata risulta la macroeconomia mondiale.

Il trittico video “Via Tamaro 3” (1999) di Olivier mosset (1944) realizzato per la regia di Danilo Catti è l’unica e forse ultima opera video di un pittore, che unitamente a Daniel Buren, Michel Parmetier e Niele Toroni ha creato negli anni ’70 il movimento storico che ha ridefinito e rimesso in discussione la pittura come atto del dipingere. La vibrazione dei colori delle tele monocrome di Mosset si muovono e divengono qui necessaria ed inevitabile immagine cinetica, nonché danza di colori.

Di SHAHRYAR NASHAT (1975) viene proposta la proiezione a muro titolata “Décompensation (Break-Down)” (1999). Nashat è un giovane videasta di origine persiana, che dà all’immagine in movimento un significato poetico e nel contempo letterario. Il cinetismo appena percettibile mette in maggiore risalto il testo recitato in sottofondo (audio), come primaria origine della cultura – tradizione orale ed in seguito scritta – e quale lamento ripetitivo tipico della preghiera mussulmana.

Di Vanessa & Sibilla (nate entrambe nel 1974) verrà presentato il video “01” del 1999. Le due giovani autrici, contrariamente a Nashat, non eseguono opere video nel senso tradizionale. Esse usano esclusivamente il computer realizzando – per tutte le loro opere – una computer animation, che abbandona una certa poetica per avvicinarsi ad un prodotto somigliante allo spot pubblicitario. Di nuovo l’opera artistica dell’avanguardia giovanile subisce l’influsso delle nuove espressioni, quali la televisione, la comunicazione pubblicitaria ed il clip in generale. La colonna sonora di questo piccolo (corto) gioiello è stata realizzata da A. Broggini.

In mostra la fotografia è rappresentata dagli artisti Carlo Buzzi, Andrea Cometta, L/B, Ingeborg Lüscher e Ugo Rondinone.

Carlo Buzzi (1967) è un artista di strada, che effettua prevalentemente pubbliche affissioni con manifesti da lui creati, inserendosi così in un filone tra immagine artistica e messaggio pubblicitario. La sua fotografia è la documentazione storica di una di tali affissioni: quella effettuata nel 1995 per la città di Genova.

Il ritratto di se stesso nudo che urla, quello di “Hans Beyeler” ed un nudo femmile sono le tre opere di Andrea Cometta (1970). Egli potrebbe essere considerato un artista fotografo “tradizionale” ed in qualche modo lo è, non fosse che per l’uso del mezzo. Il percorso è però quello della (auto)ritrattistica, quale filone inesauribile di profonda analisi dei personaggi ritratti.

Le 4 opere fotografiche di L/B (Sabina Lang, 1972 & Daniel Baumann, 1967) titolate “Auf dem Bett #1, #2” e “Strand #1,  #2” sono piccole cibachrome (30 x 35 cm). Già presentanti per la prima volta nel 1995 al CACT ed in seguito ad importanti appuntamenti (Kunsthaus Zürich, Swiss Institute New York, Akademie der Künste Wien e altri), L/B usano “anche la fotografia” come mezzo espressivo, anche se le loro opere sono prevalentemente a carattere installativo. Autori e protagonisti di queste fotografie, essi affrontano nuovamente il tema dell’immagine di consumo e vagamente trash collocabile tra arte figurativa e manifesto, tra muta riflessione ed illustrazione di marketing.

Opera ascrivibile al Nouveau Réalisme degli anni ’70 è quella di Ingeborg Lüscher (1936); “Zaubererfotos 351” (1997). Protagonista anch’essa alla passata Biennale di Venezia ed al Festival del Film di Locarno con il video “Fei Ya! Fei Ya! Fly! Fly! (Our Chinese Friends)”, l’opera “Zaubererfotos 351” fa parte di un lavoro ciclico più ampio iniziato nel 1976, in cui la persona ritratta diviene pretesto per la magia e l’incanto della trasformazione. Non si può considerare questo lavoro un’opera fotografica; la fotografia è solo un mezzo. L’artista chiede alla persona da ritrarre di rendere magico ciò che per lei è importante in questo momento.

Il risultato è l’esclusione di qualsiasi posa fotografica, l’annullamento di ogni atteggiamento prevedibile nell’ambito della fotografia: non rimane che la realtà, ossia la verità interiore e la magia del personaggio e dell’artista.

Di Ugo Rondinone (1961) si potrà vedere una delle opere giovanili senza titolo del 1993; una serie di polaroids, che già evidenziano il recupero di alcuni cliché degli anni ’70. Si tratta di un lavoro particolarmente raro, poiché l’artista svizzero raramente ha prodotto lavori fotografici.

In un’esposizione che vuole mirare al “cuore” della produzione sfaccettata degli ultimi dieci anni, non poteva mancare il neo espressionismo di Martin Disler (1949-1996) con un’opera su carta del 1994. Contrariamente all’espressionismo storico d’inizio secolo, che nasce dalla crisi economica e politica, il neo espressionismo degli anni ’80 esplode in Italia (Transavanguardia), in Germania (Neue Wilden) ed in Svizzera, come fenomeno collettivo, da un’opulenza economica e di mercato dell’arte. La vera grande crisi che porta questi artisti a riprendere i supporti tradizionali (tela, carta, colori e pennelli), impostando una neo figurazione è in questo specifico caso la crisi dei valori. Il monotipo monocromo di Disler rappresenta la violenza inaudita del tempio religioso, politico ed economico nei confronti della sensibilità tipicamente umanista e culturale.

Allo stesso modo, a Martin Disler viene accostata un’incisione di un anonimo del XIX secolo raffigurante la copia del Giudizio Universale di Michelangelo. La forza esplosiva di Disler e di tutta l’arte contemporanea può essere paragonata ad un’apocalisse dei criteri, dei sistemi e dei valori, come rinascita di un nuovo futuro. Tale susseguirsi ciclico di distruzione e rinascita è storicamente quasi biblico e si verifica – così come si è verificato nel passato – nel corso della stratificazione dei secoli.

ALEX HANIMANN (1955) presenta tre disegni su carta, il cui tratto – così come gran parte della sua opera – somiglia alla scrittura. Reduce da una mostra personale al CACT (1999) ed al Kunstmuseum Solothurn (2000), l’artista di San Gallo, ancorché con l’uso di supporti tradizionali, abborda il tema prioritario della scrittura (anche per immagini) come conseguenza della tradizione orale. Con la scrittura egli crea delle immagini e con le immagini egli scrive. Nel mondo contemporaneo l’immagine e la figurazione hanno troppo spesso sostituito i significati della scrittura, dando a quest’ultima una valenza ripetitiva e vuota di significati.

Opere prettamente multimediali e per certi versi totali nella loro forma sono quelle degli artisti STEFANO JERMINI, ANNA MARGRIT ANNEN e MAURO GHIGLIONE.

STEFANO JERMINI (1961), di cui la produzione artistica evidenzia l’eclettismo e la ragionata multimedialità in rapporto alla coscienza storica, nonché ai luoghi espositivi, opera sovente a carattere installativo, anche quando egli parla di pittura o di stili apparentemente superati. Profondamente convinto della storia dell’arte e della sua irreversibile consequenzialità, Jermini presenta al CACT una nuova installazione tematica.

L’assemblaggio che ANNA MARGRIT ANNEN (1951) presenta nella mostra HEART evidenzia l’uso diversificato dei materiali, cosa non del tutto nuova per l’artista. Annen da sempre e in tempi non sospetti accosta il video alla fotografia, la carta alla pittura o agli oggetti ritrovati, la luce ed il sound. L’opera che vedremo in mostra sarà infatti un assemblaggio di disegni scritti, una sorta di appunti posati a pavimento o a parete, in cui vi sarà anche la proiezione di un video in monitor. L’interesse per l’opera della Annen nasce infatti dalla componente narrativa, non solo per quanto attiene i contenuti, ma bensì anche nell’uso diversificato e letterario dei materiali.

L’installazione a muro di MAURO GHIGLIONE (1959) dal titolo “…tasso alcolico dell’aria” (2000) è costituita da 4 alcolimetri fissati con dei supporti di metallo fine ad una parete bianca. Di stampo beuysiano, l’artista suggerisce così l’improbabile presenza di alcol nell’aria o quantomeno di materia biologica. La collocazione di tali apparecchi sospesi in un contesto asettico come uno spazio espositivo assumono quindi un significato legato al concetto dell’artista, nonché al pensiero creativo dello spettatore. Quest’ultimo si prefigura un mondo del tutto personale a partire dall’uso intelligente dei materiali e dei suoi significati da parte dell’artista.

La mostra, che è visitabile dalle 9.00 alle 13.00 martedì, giovedì e venerdì e dalle 14.30 alle 18.00 mercoledì, sabato e domenica, rimane aperta fino al 5 novembre 2000.

Ph MACT/CACT.

Dove

CACT Centro d’Arte Contemporanea Ticino

Via Tamaro 3, Bellinzona.

Orari

Venerdì, sabato, domenica

14:00 – 18:00

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