Fleur du Male
Fiorenza Bassetti
14 aprile – 20 maggio 2012
Il CACT CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA TICINO apre il prossimo 14 aprile 2012 l’esposizione personale di FIORENZA BASSETTI. La mostra si innesta entro un percorso tematico specifico del CACT.
FLEUR DU MALE, questo è il titolo, sembra essere la summa e la sintesi di un percorso creativo autobiografico, per il quale l’artista assorbe, come una membrana magmatica, tutte le informazioni del suo vissuto reale per restituirne i valori irreali ed irrazionali del suo universo intimista femminile e femminista; una sorta di spaccato performativo, laddove ogni indizio sociale o antropologico che la circonda diviene pretesto per un’integrazione riflessiva del suo pensiero. Fiorenza Bassetti non fa dell’arte estetica, ma la supera dando ‘corpo’ ad un’estetica delle sue percezioni di donna artista e del suo stilema artistico.
FLEUR DU MALE [Fiore del Maschio e/o Fiore del Male, n.d.r.] trae ispirazione dalla Storia e dalle storie personali dell’artista. I riferimenti, gli omaggi e rimandi sono tanti e ciclici; la visione e l’utopia simbolista del poeta maledetto Charles Baudelaire; l’elaborazione ludica attorno al proprio nome (Fiore-Fiorenza, maschile il primo termine, femminile il secondo), l’accostamento di un’erba medicinale, quanto potente e pericolosa, quale la Belladonna, il Dio egizio Amun Min, elemento iconologico già utilizzato da Bassetti in una precedente Project Room al CACT, e fotografie collezionate dal mondo delle immagini compongono questo puzzle; quasi gli spazi del CACT diventassero infine una grande Theaterbühne, su cui il pubblico agisce, reagisce, e interagisce, come in un grande teatro magico ed espressionista, con l’opera dell’artista.
Gli elementi che Bassetti tratta, fa suoi ed elabora, costituiscono il bagaglio delle sue percezioni di donna; pezzi del quotidiano, del suo vissuto, del suo perseverante essere vittima e carnefice insieme delle situazioni dell’esistenza. Seduzione e dolore sembra gridare la prima sala, dove con strafottenza ‘glamour’ utilizza intelligentemente le shopper dei grandi sarti prêt à porter, per in seguito scarnificarle e segnarle con i suoi fiori (gigli) disegnati per mezzo di bombe spray, pastelli, o solcati con la forza delle dita. Sarcastica e amara è la lettura ch’essa fa dell’immaginario al/sul femminile tra esternazione sociale e grido intimista e muto versus un mondo maschile, cui Bassetti concede il momento sentimentale del farsi ritrarre con un fiore.
Di un’erba a fiori trattasi nella seconda sala: la Belladonna. Questo fil rouge si interseca con la ritrattistica fotografica, che Bassetti realizza presentando 29 ritratti quasi tutti virili con Fiore, con l’intrusione di due ritratti di signora portante un’arma, quasi a preludere ciò che avverrà nella terza sala. La sagoma dell’Atropa Belladonna (Fiorenza Bassetti, Fiore del Male?) diviene il motivo principale per ricoprire i muri della seconda sala; il soggetto viene riprodotto in color pelle con il metodo stencil a distanza regolare. Bassetti attribuisce a questa pianta una simbolica appartenente al suo mondo – medicinale, cosmetica e velenosa. Sulle pareti, quali fossero una melodia di sottofondo, Bassetti installa ritratti di uomini in maniera aleatoria. Al soggetto ritratto ch’essa ha scelto, Bassetti ha chiesto di farsi fotografare con il proprio fiore preferito, così come ad ognuno di trascrivere un pensiero grafico da raccogliere insieme agli altri su di un leggío a disposizione del pubblico. Questa contrapposizione tra la calma ed estenuante presenza del simbolo femminile e la funzionalità incerta del maschile espressa dall’allestimento ribadisce un processo metodologico, che l’artista ha deciso di adottare legando inesorabilmente tra loro tutte le sale del CACT. L’uomo romantico e sensibile e tenero e affettivo e amoroso e bello sembra contrapporsi alla minacciosa presenza di un’erba curativa, ma velenosa; la Belladonna, appunto.
Una sala, questa, che si ricongiunge, seppure ribaltata, con la quarta sala, laddove l’artista di Zurigo utilizza la medesima architettura linguistica dello stencil per decorare le pareti con la sagoma – questa volta – della divinità egizia Amun-Min; figura propiziatrice itifallica di fertilità, che rimanda ovviamente al maschile, anch’essa connessa con le pratiche liturgiche di radice orgiastica, che ritroveremo anche presso i Greci e i Romani. Il Dio egizio è rintracciabile iconograficamente su delle antiche clessidre, strumento inventato per la misurazione del decorrere temporale e simbolo dell’imprevedibilità e dell’azzardo del tempo. Il colore di Amun Min è, anche in questo caso, lo stesso color pelle impiegato per la Belladonna. All’interno della sala, Bassetti colloca i suoi simboli ricongiungibili all’universo delle vanità. Su di un plinto troveranno posto due piccole sculture, quasi un ready-made che suggerisce quello stile glamour già impiegato nella prima sala, e usato da molte artiste donne, quali Sylvie Fleury, Manon e altre: una colonna fatta di rossetti per labbra Rouge Volupté usati dalla stessa artista, arma di seduzione al femminile, del creatore Yves Saint-Laurent, personaggio maschile dal gusto raffinato per l’arte e per la bellezza più volte citato da Bassetti anche nella prima delle sale. Sullo stesso plinto quattro bicchieri di vetro in forma di teschio assemblati a forma di Piramide, evidente rimando e omaggio al dipinto di Cézanne e alla già citata cultura egizia. Bassetti aggiunge la simbolica del bicchiere, dove mescere la conoscenza e l’esperienza di vita, e da cui saziarsi fino alla fine, tra sentimento per la vita e inesorabile consapevolezza della morte.
Nella terza sala v’è una darkroom dove lo spettatore, uomo e donna, è anche oggetto e soggetto su cui Bassetti proietta il suo bagaglio di 62 immagini recuperate. Alcuni beamer riproducono raffigurazioni di donne che impugnano un’arma nell’atto di ferire… anche se qualche figura virile vi trova pure posto. Un estremo riassunto della passione cannibalistica di appropriazione nell’atto sensuale e fortemente passionale di fronte alla vanità della Vita e al mistero della Morte. Odori, profumi, suoni ed elementi del mondo naturale aleggeranno, come una gioia, in questa sala.
Attraversando la mostra lo spettatore dovrà scoprire nella quinta e ultima sala tre monotipi; impressioni di nudo corporale di color pelle, che rievocano – per la loro natura – una pratica diffusa all’interno del movimento giapponese Gutaj, espressione astratta, laddove il corpo è parte fondamentale del processo creativo mentale. I monotipi sono impressi su superfici di biglietti funebri assemblati (evidente rimando alle shopper della prima sala e all’universo della moda). Per Fiorenza Bassetti il linguaggio non costituisce uno stile e una tecnica, bensì vengono parafrasati in maniera camaleontica ogni qual volta il tema affrontato lo esigesse. La mise à nu del curatore della mostra sembra essere l’ultima sfida che l’artista propone o impone al suo pubblico.
Il MACT/CACT è sostenuto finanziariamente da Repubblica e Cantone Ticino, Città di Bellinzona, Alfred Richterich Stiftung Kastanienbaum, amici del MACT/CACT.
Mario Casanova, 2012
Ph. Pier Giorgio De Pinto © PRO LITTERIS Zürich.
Dove
MACT/CACT
Museo e Centro d’Arte Contemporanea Ticino
Via Tamaro 3, Bellinzona.
Orari
Venerdì, sabato, domenica
14:00 – 18:00