Enigma e Desiderio. Riflessioni attorno alla funzionalità dell’arte, all’immaterialità e alle diagonali nel tempo.
Katia Bassanini / Maurizio Bolognini / Giuseppe Chiari / Giorgio de Chirico / Carmelo Cutuli / Pier Giorgio De Pinto / Martin Disler / Alex Hanimann / Max Huber / Csaba Kis Róka / Ingeborg Lüscher / Rudolf Mumprecht / Meret Oppenheim / Aldo Patocchi / Ivor George Sexton / Valter Luca Signorile / Wols / Albert-Edgar Yersin
Oggetti d’artigianato d’arte del XIX e XX secolo
24 giugno - 16 settembre 2018
ENIGMA e DESIDERIO sono due concetti della stessa medaglia. Due aspetti poco tangibili, immateriali, che rientrano nella sfera analitica, per quanto vadano a sfiorare i sensi e il pensiero, che di per sé rimangono anch’essi incompleti e, per certi versi, infiniti: …e altrettanto immateriale e vana rimane la ricerca di una definizione edotta attorno all’utilità e alla funzionalità dell’arte, oggi come allora, quale pratica professionale.
Il Novecento è stato fondamentale per la ricerca e la produzione di ambiti artistico-culturali, i quali hanno tentato – e ancora cercano di farlo – di andare oltre, di varcare quella soglia oggettuale e di oggettualizzazione, che avrebbe ravvisato nel bello, nella decorazione o nell’illustrazione, quei fini ultimi del processo creativo. Di esempi alterativi alla Storia di quel momento se ne possono citare tanti, parallelamente alle avanguardie: dai movimenti utopici-visionari fino agli studi psicanalitici e steineriani, per cercare di quantomeno prevedere e dare un senso alla creatività in ambito artistico, toccando pure tentativi esperienziali magici o spesso pretestuosamente energetici.
In arte tutto è soggettivo, proprio per quella dimensione antisociale, che sta la base della pratica e dimensione artistica nel suo farsi: quel passaggio enigmatico che avviene tra il pensiero e la sua formalizzazione manuale, seppur entro un contesto meramente decorativo o illustrativo.
Non tutto è arte, ma da una certa angolazione tutto lo è nell’istesso tempo.
Questa è sicuramente una della maggiori consapevolezze che abbiamo ereditato dal Novecento, quantomeno dal duchampismo in avanti: quella della creazione come vero e proprio fenomeno quasi magico ed estraniante sempre più lontano dal reale e dal realistico, ove la componente di aleatorietà e di mistero nell’atto creativo stesso risultano ingestibili e ingiustificabili in un approccio razionale. Ciò richiede per lo spettatore uno sforzo interpretativo, fondamentale proprio per la lettura dell’opera d’arte.
Non v’è un’apparente utilità dell’arte, se non come investimento e capitalizzazione del sapere e della conoscenza interiori, restando questa disciplina una cosa per pochi fino a quando non si pensò all’istruzione per tutti. E nemmeno l’engagement socio-politico della militanza democratica è stato in grado di giustificare l’elevazione dell’arte rispetto ad altri mestieri: fatta eccezione per le quotazioni del mercato. Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace, recita un adagio popolare. Ma è proprio vero che non è bello ciò che è bello?
L’approccio al processo creativo si definisce, quindi, anche nella creazione di oggetti, che in realtà rientrano nella categoria dell’arte applicata, attorno alla quale si sviluppano forme di decorazione e di abbellimento raffinati e alti, su cui è interessante riflettere.
Senza entrare nello specifico di ogni opera presentata in mostra, e lontani dal voler dare una lettura storiografica e analitica, toccando complicazionismi vari, la selezione del curatore sottende, tuttavia, questo tipo di approccio rivolto alla creazione ma contemporaneamente anche alla definizione di parametri infiniti e incomprensibili, irreali, e, in certo modo, anti-societali ed enigmatici, quale l’arte in effetti è.
Mario Casanova, Bellinzona, maggio 2018.
Ph MACT/CACT.
Dove
MACT/CACT
Museo e Centro d’Arte Contemporanea Ticino
Via Tamaro 3, Bellinzona.
Orari
Venerdì, sabato, domenica
14:00 – 18:00