J'adore les femmes
Katia Bassanini / Franz von Bayros / Giona Bernardi / Jérémie Blanes / Corrado Bonomi / Serge Brignoni / Jon Campbell / Mat Collishaw / Mario Comensoli / Pier Giorgio De Pinto / Martin Disler / Alex Hanimann / Paul Herrmann / Osias Hofstätter / Hermann Huber / Andrée Julikà Tavares / Béla Kádár / Patricia Jacomella Bonola / Paul Kleinschmidt / Yona Lotan / Meret Oppenheim / Maren Ruben / Valter Luca Signorile / Nina Staehli / Anonimo del XV secolo
Oggetti di design
17 maggio - 18 agosto 2024
La mostra titolata J’ADORE LES FEMMES intende esprimere il femminile o il maschile, nella misura in cui questi due aspetti siano da iscriversi non già nel basso quotidiano, bensì nel concetto riflessivo su cosa il femminile e – per consequenzialità – il maschile rappresentano nella loro accezione generale, sia filosofica che umana, o di dialogo tra le parti.
Il terreno fertile d’analisi è costituito dal ventaglio dei molteplici approcci del nostro essere carnali e metacarnali, razionali o irrazionali, dove la ragione e l’ebbra liberazione dei sensi costituiscono pure la base dei nostri comportamenti e ragionamenti. Il femminile non già come individualismo di genere, rimane una caratteristica condivisa e uno spunto di riflessione, peraltro affrontato già in tempi remoti e in ambiti culturali alti, ove il tema della multiforme natura maschile e femminile fu parte di una visione umanistica del genere umano.
A queste poche considerazioni si aggiungono le interferenze incolte e certe zone di disturbo, in cui prevalgono l’affermazione del corpo sulla dimensione culturale, e altri stilemi e linguaggi educativi o contesti religiosi, che si rivelano essere altresì l’espressione di una politica ostracista e moralista; ch’essa provenga dalla radicalizzazione destrosa o sinistra, o da altre realtà razziali più o meno misogine, se non (neo)fasciste, e volte a un pericoloso classismo di genere, in generale.
Nel tentativo di dare corpo a un approccio razionalista e a una visione di assetto e riordino di una condizione umana post-contemporanea apparentemente persa nello sbando, pensare che talune conquiste costituiscano oggi degli errori e una minaccia per la stabilità, sarebbe come credere che lo stato politico (poiché la politica tenta ancora di influenzare anche i comportamenti), sia migliore e più avanzato dello stato civile, allorquando sappiamo che raramente società civile e società statale siano stati in simbiotico equilibrio.
Argomentare di “femminile” – partendo dalla saggezza universale che la Madre sia portatrice di vita – nel suo confronto o dialogo con la dimensione “maschile” (e viceversa) rimane da sempre una sorta di sconfitta culturale. Forse solo in epoche storiche alte, tale scontro sembrava trasformato in incontro. E da qui, le diverse sfaccettature religioso-culturali [se corpo e anima siano un tutt’uno, per esempio, contrariamente al credo cristiano], possono senz’altro giocare un ruolo fondamentale nella percezione del femminile e del maschile nella loro definizione in dialogo elementi di interferenza e di disturbo morale.
Ogni epoca ha i suoi totem da idolatrare, e il termometro che segna i valori di una società, intesa come moto perpetuo, fluttua in continuazione e in maniera evolutivo-ripetitiva circolare. Oggi la corporalità prevale sulla conoscenza e la coscienza storica, come il denaro sui valori, il significante sul significato etc. …e Maschile e Femminile sono concetti davvero insondati, che si riallontanano, all’interno di una società, che sembra tornare a dividere ragione ed emozione, intelletto e sentimento, reale e virtuale. Pensare all’artificio come prossimo passo significa inequivocabilmente la rassegnazione dell’intelletto e della ragione.
La libertà di parola e di espressione – come scrive Eco [1] – è altresì libertà dalla retorica. Così come la genialità non ha mai avuto genere.
Al visitatore chiediamo di avvicinare le opere esposte in uno spazio con un approccio più sentimentale e antieroico, apportando quelle modifiche unitarie nella retorica dicotomica maschio-femmina.
Nello specifico delle stesse opere, invece, esse non riconducono a una unità stilistica e di significato, né vanno lette in senso comunista, bensì individuale, come se ogni singolo elemento fosse una parte di uno specchio frantumato, entro cui su ogni scheggia si riflette una parte di chi vede. Tale dimensione intima e individuale vorrebbe condurre – anche attraverso la storia dell’arte – alla dimensione contemplativa e intimista.
Mario Casanova, Tel Aviv, 2024.
[1] Umberto Eco, “5 scritti morali”, “Il Fascismo”.
Serge Brignoni (1903-2002), Féminin éternel, 1935. Collage su disegno a colori, firmato e datato in basso a sx, 12.4 x 8.4 cm. Collezione privata, Svizzera (già Collezione Herr und Frau Bernhard Müller, Bern).
Dove
MACT/CACT
Museo e Centro d’Arte Contemporanea Ticino
Via Tamaro 3, Bellinzona.
Orari
Venerdì, sabato, domenica
14:00 – 18:00
Ingresso
CHF 6.00